A chi non è mai capitato, pronto a dormire al termine di una lunga giornata, di girarsi e rigirarsi nel letto con la mente che si affolla di pensieri e preoccupazioni? Pensieri magari rimasti dietro le quinte della nostra consapevolezza balzano improvvisamente in primo piano, veri e propri magneti per l’attenzione.
In effetti, il fatto stesso di non essere impegnati in una specifica attività (come durante la routine quotidiana) fa sì che il momento di andare a dormire sia proprio quello in cui i processi attentivi abbiano più difficoltà a disingaggiarsi da pensieri e preoccupazioni.
Ciò comporta un disagio che è in certa misura fisiologico se preoccuparsi è presente in concomitanza di situazioni complesse o decisioni difficili da prendere, restando quindi circoscritto nel tempo, e se non impatta in modo significativo sul nostro benessere e funzionamento quotidiano.
Tuttavia, in alcuni disturbi d’ansia, la preoccupazione si struttura come un vero e proprio rimuginio, cioè uno stile di pensiero ripetitivo e analitico che propone e ripropone alla mente ipotetici scenari negativi ogni volta diversi (come il criceto che corre e corre ma è sempre nella stessa ruota). Anche se il rimuginio viene inizialmente intrapreso con il proposito di affrontare e risolvere una questione o di gestire uno stato d’animo, ben presto il paziente resta invischiato in processi di pensiero che passano da uno scenario catastrofico all’altro, peggiorando lo stato emotivo di partenza e non giungendo ad una conclusione concreta sul da farsi. Il rimuginio diventa un vero e proprio sintomo difficile interrompere e può anche essere percepito come incontrollabile. In realtà proprio il fatto di essere un processo astratto, non orientato al problema e quindi non concreto, rende difficile porvi termine giungendo ad uno specifico piano di azione. L’indeterminatezza degli scenari con cui ci confrontiamo aumenta il senso di pericolo percepito e rende difficile giungere ad una soluzione favorendo così una percezione di bassa efficacia personale.
Il rimuginio può presentarsi in concomitanza dell’addormentamento aumentando lo stato di attivazione fisiologica della persona ed interferendo anche significativamente con la qualità del sonno. In alcuni casi, si può creare un’associazione- condizionamento- tra il momento di addormentarsi e lo stato d’ansia. Il momento di addormentarsi viene quindi atteso con preoccupazione ed innesca un ulteriore rimuginio sulla qualità del proprio sonno oppure sulle possibili conseguenze delle difficoltà ad addormentarsi, mantenendo quindi lo stato di ansia e le difficoltà stesse legate al sonno (è la persona che già da pomeriggio comincia a pensare “riuscirò a dormire questa notte?”).
In questi casi risulta fondamentale una valutazione clinica per eventualmente intraprendere un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale, riconosciuta dalla comunità scientifica come trattamento psicologico di prima scelta.