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Il ruolo della psicoterapia nella gestione dei sintomi di astinenza da psicofarmaci

L’inclusione di un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale nella gestione dei sintomi astinenziali è a volte vista con sorpresa o perplessità dal paziente. La credenza di fondo è che, essendo i sintomi astinenziali legati alla sospensione dello psicofarmaco, sia sufficiente una diversa gestione dello stesso per poter affrontare i sintomi sperimentati. A volte, la persona proviene già da precedenti percorsi psicoterapici e non è disposta ad intraprenderne di nuovi. Del resto, la convinzione che si tratti di un aspetto gestibile solo farmacologicamente è stata purtroppo rinforzata da quelle linee guida che nel tempo  hanno erroneamente proposto la sostituzione del farmaco o il ritorno al farmaco precedente come soluzione elettiva per la gestione dei sintomi astinenziali.

In realtà i sintomi astinenziali possono insorgere nonostante una riduzione graduale del farmaco e introdurre un nuovo/precedente farmaco può di fatto cronicizzare e aggravare gli stessi. E’ quindi necessario un approccio integrato e sequenziale. Oltre ad un’accurata gestione farmacologica, è possibile introdurre la terapia esplicativa, la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la well-being therapy- sulla base delle necessità del singolo paziente.

La terapia esplicativa consente di lavorare su interpretazioni e significati dati ai sintomi da parte del paziente; una componente questa che può facilitare o ostacolare la riduzione del farmaco. Il terapeuta fornisce informazioni accurate sulla natura e causa dei sintomi di astinenza, incoraggiando la persona a monitorarli attraverso un apposito diario e a sviluppare spiegazioni personali accurate. Ciò può avere influenza sia sullo stato di attivazione fisiologica personale, sia sul disagio emotivo sperimentato. Dove utile, vengono forniti consigli sullo stile di vita da adottare durante il percorso.

La terapia cognitivo-comportamentale consente la gestione della riduzione della terapia farmacologica in quanto permette alla persona di sviluppare strategie alternative al farmaco per affrontare i sintomi emergenti. Si tratta di un approccio che coinvolge attivamente il soggetto, anche attraverso l’assegnazione di compiti a casa concordati tra terapeuta e paziente.

A volte può essere necessario potenziare il le risorse del paziente affinchè concepisca una propria vita senza il farmaco o con un farmaco in riduzione. In questi casi può essere utile la  well-being therapy.

In conclusione, per affrontare i sintomi di astinenza gli interventi psicoterapici sono molto importanti. Questi ultimi possono essere stabiliti sulla base delle necessità del singolo paziente.

Cosci F, Chouinard G. Acute and Persistent Withdrawal Syndromes Following Discontinuation of Psychotropic Medications. Psychother Psychosom. 2020;89(5):283-306. doi: 10.1159/000506868.

Cosci F, Chouinard VA, Chouinard G. Discontinuation of Antidepressant Medications: A Significant Healthcare Problem Insufficiently Addressed by the NICE Guidelines. Psychother Psychosom. 2023;92(3):148-151. doi: 10.1159/000530692.

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Il comportamento di malattia: fattore prognostico e trans-diagnostico

Persone che condividono una stessa diagnosi possono naturalmente differire per molteplici aspetti e situazioni. Gli scienziati hanno cercato di individuare e studiare le variabili più rilevanti in tal senso. Tra queste, un posto di assoluto rilievo è occupato da ciò che viene definito “illness-behavior” o comportamento di malattia.

Con comportamento di malattia si fa riferimento alle modalità con cui una singola persona esperisce, dà significato e vive determinati sintomi, comportandosi di conseguenza. Può comprendere in senso più ampio il modo in cui una persona si relaziona alle proprie sensazioni fisiche, sia a livello di attenzione selettiva che viene loro dedicata sia a livello di interpretazioni e significati che ne sono forniti. Include perciò anche le spiegazioni che una persona può elaborare relativamente a sintomi o processi fisiologici (cioè normali). Questo influenza naturalmente la modalità con cui la persona affronterà i sintomi e le informazioni che provengono dal proprio corpo  ed anche come si rapporta con i curanti cercando tempestivamente aiuto o aspettando un certo lasso di tempo prima di consultare un clinico.

Il comportamento di malattia non è spiegato soltanto da caratteristiche personali ma anche dalle caratteristiche dei sintomi sperimentati e da variabili relative al contesto di cura e al rapporto con i curanti stessi.

In accordo con la recente ricerca psicosomatica e i relativi criteri diagnostici (DCPR- Diagnostic Criteria for Psychosomatic Research), un prerequisito fondamentale per identificare il comportamento di malattia è che il paziente sia stato adeguatamente informato sulle sue condizioni mediche, avendo inoltre ricevuto l’opportunità per discutere, chiarire o negoziare rispetto a dubbi o necessità presentate. Infatti, in assenza di un’adeguata informazione e confronto medico-paziente, risulta difficile poter determinare se la reazione del paziente (che può spaziare   dalla flessione dell’umore all’ansia passando per la ricerca o in alcuni casi l’evitamento di figure mediche), sia da attribuire ad una inadeguata interazione clinico-paziente o ad aspetti propri del paziente stesso. Accertato ed ottemperato a questo aspetto, gli eventuali e persistenti aspetti disfunzionali riguardanti il comportamento di malattia del paziente possono essere affrontati con interventi più strutturati come la psicoterapia.


Cosci F, Fava GA. The clinical inadequacy of the DSM-5 classification of somatic symptom and related disorders: an alternative trans-diagnostic model. CNS Spectr. 2016 Aug;21(4):310-7. doi: 10.1017/S1092852915000760. Epub 2015 Dec 28. PMID: 26707822.

Fava GA, Cosci F, Sonino N. Current Psychosomatic Practice. Psychother Psychosom. 2017;86(1):13-30. doi: 10.1159/000448856. Epub 2016 Nov 25. PMID: 27884006.

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Farmacopsicologia clinica

La farmacopsicologia clinica valuta gli effetti dei trattamenti farmacologici sul funzionamento psicologico. L’importanza che riveste tale tipologia di indagine è dovuta al fatto che la maggior parte dei pazienti con un disagio psicologico sono sotto trattamento farmacologico.

Gli ambiti di applicazione della farmacopsicologia clinica sono molteplici e fanno riferimento allo studio degli effetti psicotropi dei trattamenti medici, allo studio delle variabili in grado di predire una buona risposta al trattamento, alle vulnerabilità indotte dal trattamento farmacologico stesso, all’interazione- infine- tra trattamento farmacologico e terapia psicologica.

Negli studi di efficacia di una determinata terapia farmacologica, spesso la rilevazione del funzionamento psicologico è circoscritta all’ambito dei sintomi per cui il farmaco è stato predisposto. La farmacopsicologia clinica indaga invece ad ampio respiro gli effetti del farmaco sul funzionamento psicologico del paziente, avvalendosi sia di una rilevazione da parte del medico che della percezione soggettiva del paziente. L’efficacia del trattamento farmacologico viene inoltra valutata in relazione ad uno specifico momento e attraverso l’evoluzione che la sintomatologia ha avuto per quella persona nel corso del tempo. Questo aspetto consente di porre attenzione sia ai prodromi (sintomi che sono preludio all’esordio di malattia) sia ai sintomi residuali (sintomi persistenti anche al termine del trattamento che costituiscono fattore di rischio per una ricaduta).

Un altro aspetto di cui si occupa la farmacopsicologia clinica è la rilevazione degli effetti collaterali o indesiderati del trattamento farmacologico così come la sua tossicità comportamentale.

Infine, farmacopsicologia clinica si occupa dell’interazione tra terapia farmacologica e terapia psicologica. Sono infatti possibili quattro esiti diversi di tale interazione: 1) l’efficacia dei due trattamenti combinati equivale alla somma dell’efficacia dei due trattamenti individuali; 2) l’efficacia dei due trattamenti combinati è maggiore della somma dell’efficacia dei due trattamenti presi singolarmente; 3) l’efficacia dei due trattamenti combinati è inferiore a quella dei trattamenti singoli; 4) l’effetto dei due trattamenti combinati equivale all’effetto singolo del trattamento più efficace.

La farmacopsicologia clinica permette di sviluppare un’impostazione di riferimento per la valutazione degli effetti desiderati e indesiderati del trattamento farmacologico, così come della personale esperienza del paziente in termini di cambiamento per il proprio benessere e qualità della vita.

Cosci, F., Guidi, J., Tomba, E., & Fava, G. A. (2019). The Emerging Role of Clinical Pharmacopsychology. Clinical Psychology in Europe, 1(2), 1-18. https://doi.org/10.32872/cpe.v1i2.32158